19.10.10

Un popolo dimenticato

Spulcio tra vecchie cose scritte tempo fa, testi dettati da un misto di indignazione e speranza di suscitare interesse in qualcuno, da una incapacità a starmene zitto e girarmi dall'altra parte autoassolvendomi con frasi del tipo: "tanto nessuno ti ascolta" "da solo cosa pensi di fare". Ecco, io proprio non riesco a far finta di nulla, ad uniformarmi, continuo a credere di dover provare a fare qualcosa.
Era il settembre del 2007, in Birmania monaci buddisti scendevano in piazza per protestare con una marcia pacifica contro la giunta militare che governa il Paese da più di quindici anni, e che ha ridotto alla fame la popolazione. Le televisioni di tutto il mondo diedero un rilievo enorme agli eventi, al massacro che veniva commesso dalle autorità, centinaia di monaci e cittadini uccisi, picchiati, arrestati. Decine di appelli e manifesti vennero lanciati in occidente, sembrava che tutti volessero sostenere i birmani. Poi inporovvisamente il silenzio, passata l'emozione e l'effetto spettacolare tutto tornò nel silenzio. Un silenzio che continua, cancellando completamente la cosnoscenza sul dramma di quel popolo sempre più solo ed allo stremo. L'unione europea nominò adirittura un'inviato speciale, Piero Fassino, che però non servì assolutamente a nulla.
Allora questo piccolo vecchio testo ritrovato, questo minisculo sasso lanciato nel 2007 nel mare dell'indifferenza sento il bisogno di ripubblicarlo.

"Non lasciateci soli, non dimenticateci". Erano queste le parole che i manifestanti per la libertà e la democrazia in Birmania avevano rivolto al mondo occidedentale mentre venivavano brutalmente repressi dal regime. Puntualmente invece appena finite le manifestazione e gli scontri di piazza, ma non certo i pestaggi e le sparizioni dei manifestanti, i media occidentali "ufficiali" hanno praticamente eliminato le voci dei Birmani da quelle degne di essere riportate su carta o in video. Sembra quasi impossibile per i nostri media trovare 20-25 righe per mantere uno spazio di informazione che consenta di tenere aperta su quel mondo una finestra dalla quale gli oppositori del regime possano esprimersi e dare forza alla loro lotta. Eppure non dovrebbe essere difficile farlo, le notizie sicuramente ci sono e si possono avere, esistono gruppi di esuli che riescono tra mille difficoltà e pericoli personali a restare in contatto con gli oppositori birmani. Non sarebbe certo una insopportabile perdita per la nostra democrazia, anzi ne guadagnerebbe, se dai giornali si sottraesse un po' di spazio alle quotidiane beghe politiche, o alle spesso banali e insignificanti dichiarazioni di qualche politico nostrano di primo, ma spesso anche di secondo e terzo, livello per dare spazio a quei gruppi che, dall'interno di paesi dittatoriali, si battono democraticamente per la libertà. Mantenere costantemente uno spazio di informazionie nei nostri media su quanto accade in Birmania e ai birmani sarebbe sicuramente un modo di accogliere l'appello di Aung San Suu Kyi: "Usate le vostre libertà per promuovere la nostra".

Nessun commento:

Posta un commento