28.12.22

Era la stampa, bellezza!

"Mentre il direttore di un quotidiano conduce una violenta campagna contro un gruppo di affaristi disonesti, i proprietari del giornale decidono di vendere. Il direttore si oppone e continua nella sua campagna, improvvisandosi all'occorrenza anche detective per smascherare i truffatori. Alla fine, la spunta: i colpevoli sono arrestati e il suo giornale continuerà le pubblicazioni". Questa la trama (estratta dal sito mymovies.it) del film ispirato a fatti reali L'ultima minaccia, uscito nel 1952 e passato alla storia per la frase "È la stampa, bellezza, la stampa. E tu non ci puoi fare niente", detta al telefono da Humphrey Bogart in tono di sfida verso chi voleva tappargli la bocca. Un film sulla libertà di stampa, sul coraggio di non piegarsi davanti ai potenti, sulla forza dell'informazione nello smascherare i disonesti davanti ai cittadini. Guardando il mondo dell'informazione oggi e ripensando a quel film mi viene da dire, naturalmente senza l'efficacia e il fascino di Bogart, “Era la stampa, bellezza”. Sì, perché mi pare di non vedere in giro molti direttori o giornalisti disposti a mettersi in gioco per non cedere a minacce o lusinghe, rifiutare comode posizioni pur di non piegarsi davanti al potente di turno, mettere sempre al primo posto il dovere di informare correttamente. Quante volte si trovano sulla carta stampata oppure online interviste a imprenditori, manager, esponenti politici nazionali o locali che non contengono una sola domanda scomoda, una domanda che, impedendo fumosi giochi di parole, chieda di chiarire posizioni ambigue, scelte fatte o non fatte, di esprimere una posizione netta ed inequivocabile su un tema centrale per il futuro del Paese. Interviste che non producono informazione per il lettore ma consentono all'intervistato di mettersi sotto i riflettori per evidenziare tutta la sua grandezza, la sua umanità, il suo indefesso impegno al lavoro. D'altronde gli stessi direttori sempre più spesso sono talmente pieni di sé da mettere in secondo piano l'illustrazione e la spiegazione dei fatti rispetto alle proprie personalissime opinioni. Può accadere, ad esempio, di sentire il direttore di un noto giornale sostenere in diretta tv che le ONG sono un pull factor per i migranti, nonostante i conduttori gli ricordino dati alla mano che è dimostrata l'inesistenza del pull factor. Ma al noto direttore non basta certo trovarsi davanti la realtà per ravvedersi perché, afferma, “questa è la mia opinione”. Una opinione che pur prescindendo dai fatti avrà ovviamente spazio sul suo giornale e nelle menti di quei lettori che purtroppo non possono contare su un direttore come Humphrey Bogart.


15.12.22

Prima la persona

Il coraggio, la paura. Il coraggio di avere paura. la forza per trovare il coraggio di raccontare la paura. Una vita diventata un guazzabuglio che deve essere riordinato perché possa continuare. Lo scoprirsi malato e ritrovarsi a giocare un campionato diverso che i sani dicono dover essere il tuo, ma tu non vuoi essere diverso non vuoi essere la tua malattia, vuoi essere aiutato, forse, ma certamente non commiserato. Vuoi vivere la tua vita. Perché non riusciamo, o certamente stentiamo, a rapportarci  in modo normale con chi è malato, perché non vediamo più la persona ma solo il malato e un nome proprio viene soppiantato dal nome di una malattia? Forse è il bisogno di esorcizzare una condizione che potrebbe diventare la nostra ma alla quale non vogliamo credere, una paura che non sappiamo gestire e nascondiamo sotto un velo di commiserazione. Tutti siamo stati o saremo dei malati, solo che generalmente, grazie alla medicina che cura, è una condizione temporanea dalla quale si esce per tornare allo stato di sani. Il problema è quando la medicina non cura e si deve convivere con la malattia che si diventa diversi agli occhi degli altri. Eppure esiste una quotidianità in molti casi del tutto simile a quella della  maggior parte delle persone anche per chi dalla condizione di malato non può uscire e non riconoscerlo significa spingere ai margini chi non ha perso alcun diritto per restare al centro, perché una malattia certamente condiziona ma lascia inalterati i diritti della persona. Molto dobbiamo modificare nel nostro modo di guardare la malattia e non mi riferisco solo alle “grandi” malattie, parlo del quotidiano, della persona che cammina vicino a noi aiutandosi con  una stampella che sicuramente vediamo senza però vedere la persona, quando vedremo prima la persona e poi la stampella saremo una società migliore.

8.12.22

Un'altra categoria

Ormai dovrei averlo capito, anzi l'ho capito eppure ogni volta resto piacevolmente colpito dalla gentilezza e disponibilità dei vigili del fuoco. È sicuramente il mestiere sognato e idealizzato da moltissimi bambini quello del vigile del fuoco, o pompiere come diciamo noi bambini del secolo scorso, ma nella realtà è un lavoro duro con una paga che non corrisponde certo all'impegno e preparazione richiesti. Del fatto che tra i corpi dello Stato i vigili del fuoco siano di un'altra categoria ne ho avuto l'ennesima prova in piscina, dove vado per via di certi problemi tipici di noi diversamente giovani, oggi che due corsie erano riservate ad un gruppo di vigili del fuoco, non so se già effettivi o in formazione, i quali si allenavano in tecniche di salvamento. Tra i vari esercizi eseguiti sotto il controllo degli istruttori, uno mi ha attirato facendomi interrompere il mio nuotare su e giù per la vasca. No, non era una scusa per non faticare o perché ero spompato! L'esercizio in questione riguardava il recupero di una persona in difficoltà con "trascinamento" a riva mantenendola ferma e in sicurezza con un braccio, un esercizio simile a quello che mi è stato insegnato durante i corsi per il brevetto da subacqueo. Fortunatamente non ho mai dovuto mettere in pratica quanto mi è stato insegnato, ma vedendolo fare mi sono chiesto se anch'io sarei in grado di farlo, se cioè riuscirei a portare un aiuto efficace ad un mio compagno di immersione in difficoltà. Questi pensieri hanno accompagnato le mie bracciate per tutto il tempo rimanente e una volta uscito dalla vasca mi sono avvicinato all'istruttore, che stava controllando che gli esercizi si svolgessero correttamente, e gli ho chiesto se potevo fargli una domando su quell'esercizio. Non mi sarei certo meravigliato se mi avesse detto “guardi, mi spiace ma devo seguire i ragazzi in vasca”, lui stava lavorando e io ero solo un subacqueo curioso. Invece no, non solo mi ha cortesemente risposto, ma ha anche dettagliato la risposta spiegandomi, in modo conciso e con un occhio sempre alla vasca, alcune varianti possibili a seconda delle condizioni in cui ci si può trovare. Che dire, è un vigile del fuoco e la disponibilità verso gli altri è sempre presente, fa parte del loro essere e questo vale ovunque non è una cosa solo dei VVFF perché i bomberos, i vigili del fuoco spagnoli, posso testimoniare che sono uguali. Madrid, una di notte passata, dopo aver splendidamente mangiato passeggio in Plaza Mayor assieme ad amici, una di loro si accorge di aver perso il portafoglio con i documenti di identità. Lo cerchiamo senza successo anche perché l'ottima sangria bevuta non ci rende lucidissimi, decidiamo di rivolgerci alla polizia per sapere cosa fare, ma non troviamo neanche un agente c'è però lì vicino una caserma dei bomberos dove alcuni vigili stanno parlando all'aperto vicino ai mezzi cercando un po' di fresco, ci avviciniamo e subito ci chiedono cordialmente se abbiamo bisogno di aiuto. Naturalmente non possono trovarci il portafoglio che chissà dove è stato perso, pero ci riempono di informazioni su come comportaci per la denuncia di smarrimento, per fare un documento di identità provvisorio che ci consenta di muoverci per la Spagna senza problemi e poter prendere il volo di ritorno. Insomma, supportano al meglio quattro stranieri sbadati e un po' alticci quando avrebbero potuto semplicemente dirci di andare alla polizia. Ma loro sono vigili del fuoco, sono di un'altra categoria.

4.12.22

Tornare


Torno qui! Dopo anni in cui avevo dimenticato questo posto mi è venuta voglia di tornare a scrivere nel mio vecchio blog.  Non so esattamente perché mi è tornata la voglia, forse perché sono un po' stufo di social network confusi, dove non sono più io a cercare persone o notizie ma sono i social direttamente a indicarmeli, dove  sempre più difficilmente si riesce a "parlare", a fare un piccolo ragionamento senza finire in una marea di commenti strampalati scritti da persone che sembrano escludere a priori la necessità di pensare prima di scrivere una risposta. Ecco, forse cercavo un rifugio, un luogo poco frequentato dove pensare ad alta voce per cercare, magari, di schiarirmi le idee senza preoccuparmi di innescare una canea inutile e fastidiosa. Che poi a pensarci più che un rifugio questo è un eremo, perchè in un rifugio capita di incontrare qualche altro viaggiatore con cui scambiare quattro chiacchiere, qui è improbabile passi qualcuno e ancora di più che si fermi. Ma non mi importa, voglio tornare scrivere per divertimento o per scacciare un momento triste, o semplicemente perchè mi va senza farmi troppe domande e se poi nessuno se ne accorge o nessuno commenta pazienza, non cambia nulla. Lo dico nella descrizione di questo blog "Nessuna pretesa di spargere verità o cambiare il destino del mondo", quello che scrivo serve a me sono pensieri senza pretese, appunto, e se poi qualcuno dovesse trovare interessanti le mie parole, bene la cosa non potrà che farmi piacere anche perché, qui nell'eremo, non ci sono obblighi o possibiltà di un tornaconto e quindi se qualcuno apprezza lo fa sinceramente. Ok, per ora mi fermo, quel poco che mi frullava per la testa e che mi andava di scrivere l'ho scritto. Ma penso proprio che tornerò, perché mi è piaciuto e mi ha dato una buona sensazione stare qui.