15.12.22

Prima la persona

Il coraggio, la paura. Il coraggio di avere paura. la forza per trovare il coraggio di raccontare la paura. Una vita diventata un guazzabuglio che deve essere riordinato perché possa continuare. Lo scoprirsi malato e ritrovarsi a giocare un campionato diverso che i sani dicono dover essere il tuo, ma tu non vuoi essere diverso non vuoi essere la tua malattia, vuoi essere aiutato, forse, ma certamente non commiserato. Vuoi vivere la tua vita. Perché non riusciamo, o certamente stentiamo, a rapportarci  in modo normale con chi è malato, perché non vediamo più la persona ma solo il malato e un nome proprio viene soppiantato dal nome di una malattia? Forse è il bisogno di esorcizzare una condizione che potrebbe diventare la nostra ma alla quale non vogliamo credere, una paura che non sappiamo gestire e nascondiamo sotto un velo di commiserazione. Tutti siamo stati o saremo dei malati, solo che generalmente, grazie alla medicina che cura, è una condizione temporanea dalla quale si esce per tornare allo stato di sani. Il problema è quando la medicina non cura e si deve convivere con la malattia che si diventa diversi agli occhi degli altri. Eppure esiste una quotidianità in molti casi del tutto simile a quella della  maggior parte delle persone anche per chi dalla condizione di malato non può uscire e non riconoscerlo significa spingere ai margini chi non ha perso alcun diritto per restare al centro, perché una malattia certamente condiziona ma lascia inalterati i diritti della persona. Molto dobbiamo modificare nel nostro modo di guardare la malattia e non mi riferisco solo alle “grandi” malattie, parlo del quotidiano, della persona che cammina vicino a noi aiutandosi con  una stampella che sicuramente vediamo senza però vedere la persona, quando vedremo prima la persona e poi la stampella saremo una società migliore.

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