5.4.23

Governare non è un obbligo


Ci risiamo! Riparte, anzi continua perchè non si è mai fermata, la litania del non è colpa nostra ma di quelli che ci hanno preceduto...abbiamo trovato una situazione disastrosa... siamo arrivati da poco non possiamo fare miracoli...chiedete a chi c'era prima... Insomma ogni volta che si insedia un nuovo governo, sia nazionale, regionale o comunale il comandante di turno si sente autorizzato, ai primi svarioni rispetto alle mirabolanti promesse elettorali, a scaricare la responsabilità su qualcun altro, a cercare di apparire vittima di un complotto ordito alle sue spalle. Al regolare ripetersi  di questa sceneggiata a me viene sempre da chiedermi: ma questi da dove arrivano? Perché anche se il nuovo capo di turno è un neofita, uno/a alla prima esperienza, non è certo pensabile che non abbia studiato prima di imbarcarsi in una simile avventura. Cioè se vuoi fare il primo ministro non è che lo decidi così, in quattro e quattr'otto una mattina all'uscita della palestra. Anche perché se è così meglio saperlo che ti rinchiudiamo in un posto sicuro, soprattutto per noi. Escludendo quindi l'improvvisazione, o sei arrivato da Marte e il paese che vuoi governare lo hai studiato guardando le serie tv, oppure gli anni di attività politica fatti prima del salto di qualità sono stati anni sprecati perché non hai capito niente, neanche dove vivi.

Governare non è un obbligo quindi se decidi di farlo è perché ritieni di saperlo fare meglio di altri, perché sei convinto di poter risolvere quei problemi che affliggono il tuo paese, il paese che ami. Ma questo significa che hai consapevolezza del fatto che gli altri governano peggio di te, di qual è la situazione del paese, di quali sono i problemi da risolvere e ovviamente (vero?) di come fare. Non puoi pertanto meravigliarti delle difficoltà e imputare agli altri l'esistenza dei problemi, anche perché hai pubblicamente dichiarato, quando non strillato, che tu sapevi cosa e come si doveva fare per mettere a posto le cose, per migliore la situazione del paese, il paese che ami.  Allora vediamo di smetterla con le scuse da bambini e il ridicolo nascondersi dietro a un dito: sei lì, hai voluto essere lì, per risolvere tutto ciò che a tuo dire non va bene, quindi fallo o ammetti di non esserne in grado, dichiara che quanto raccontato in campagna elettorale erano favole il cui unico scopo era quello di ottenere dei voti per conquistare il potere, e alla fine onorevolmente dimettiti. Magari un agire finalmente in modo chiaro e trasparente potrà essere di esempio per quanti vorranno cimentarsi nella gestione del potere, magari matureranno la consapevolezza che il farlo significa assumersi appieno ed in prima persona un enorme carico di responsabilità dal quale non si può in alcun modo fuggire. Se veramente si ama il proprio paese.