14.3.12

Inutili gabbie

Il nostro paese assomiglia a quei bambini che fino a quando non vengono presi per le orecchie continuano a far finta di non sentire. Serve sempre una reprimenda, una sanzione o un vero e proprio sganassone per smetterla con comportamenti che non tengono conto del fatto che il mondo cambia e con esso i suoi abitanti e il loro modo di vivere. Questa volta è il Parlamento Europeo a tirarci per le orecchie sulla questione del matrimonio tra gay e più in generale sulla definizione di famiglia, infatti a Strasburgo è stato approvato un rapporto nel quale si dichiara che  gli stati non  devono dare ''definizioni restrittive di famiglia''. Dopo questo voto la canea riscatenatasi in questi giorni sul matrimonio tra persone dello stesso sesso appare ancora più anacronistica, purtroppo però l'ulteriore opportunità per la politica di riflettere sulla necessità di rivedere certe posizioni, tanto più in considerazione del fatto che anche il governo conservatore britannico ed il cattolico, di fresca conversione, Blair si sono espressi a favore dei matrimonio tra omosessuali, si è trasformata nella solita alzata di scudi a difesa della morale cattolica, per meglio dire, del volere delle gerarchie vaticane. Per i paladini dell'oltre Tevere sempre pronti, per il nobile principio del tornaconto personale,  a mettere davanti al sentire dei cittadini i dictat dei porporati, risulta inaccettabile qualsiasi dichiarazione che si opponga alle  restrizioni in matera di amore tra le persone. Perché poi la questione sta proprio tutta qua: perché mai devono esserci rapporti di amore tra persone adulte e consenzienti soggetti a riconoscimenti diversi, perché alcuni possono godere di tutele giuridiche con diritti e doveri e altri no? Dovrebbe apparire di una tale evidenza che un progetto di vita comune basata sull'amore, cioè una famiglia, non ha nulla a che vedere con il sesso dei soggetti. Dovrebbe appunto, a meno di non essere accecati da una visione integralista in cui si pretende che "gli altri" debbano sottostare a quelli che sono i miei personali canoni di riferimento, gli unici che hanno diritto ad essere tutelati. Anzi, ad esistere. Un ottuso bisogno di catalogare, normalizzare l'amore, una volontà di rinchiudere la vita delle persone in una gabbia stretta e dolorosa dalla quale però l'uomo sempre cercerà di scappare.

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