Che strano paese è questo, un paese in
cui si vota in massa chi fino a poche settimane prima era
sbeffeggiato in ogni bar e luogo d'incontro, un paese che si
infastidisce per gli insulti rivolti da politici stranieri ai propri
capi partito, ma che al tempo stesso plaude a capipopolo che fanno
dell'insulto agli avversari politici la nota distintiva della propria
campagna elettorale. Un paese che fino ieri a malapena sapeva quali
fossero i palazzi delle istituzioni e che improvvisamente al richiamo
di un nuovo pifferaio si precipita a mettersi in fila per visitarne
le sale. Un paese perennemente con il dito puntuto sulle colpe altrui
e costantemente indulgente verso le proprie. Un paese in cui pare
legittimo mettersi al disopra della costituzione e dove viene
accettato quasi come un merito non sapere nulla del funzionamento
delle istituzioni. Un paese in cui ci si rallegra quasi più per
la sconfitta dell'avversario, considerato nemico più che avversario,
che per la vittoria della propria compagine politica. Un paese in cui
si immagina di poter regolare le proprie beghe interne senza curarsi
del mondo che ci sta attorno, pensando che questo resti a guardare in
attesa che la si smetta di azzuffarsi. Un paese in cui la memoria è
a tal punto inesistente da poter ancora accettare come nulla
fosse proclami, parole d'ordine e ragionamenti che hanno
contribuito alle peggiori tragedie umane del secolo scorso. Un paese
così verso quale futuro cammina?
3.3.13
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