27.1.16

Paura dell'amore altrui

Chiunque frequenti questo paese con un minimo di attenzione, non può non aver constatato l'abissale distanza che c'è tra il modo di vivere dei suoi abitanti, compresi quelli che si professano di religione cattolica, e i dettami della Conferenza Episcopale Italiana e più in generale delle gerarchie vaticane. Si potrebbe fare un elenco infinito di inosservanze: dall'infedeltà coniugale, al divorzio, dall'uso dei contraccettivi, alla discriminazione verso i deboli... Chiunque venisse interrogato sulla questione con una domanda anche a “bruciapelo”, sicuramente troverebbe un buon numero di esempi da citare. Nonostante questa innegabile realtà, ogni volta che qualche porporato alza la voce per indicare cosa si deve o non si deve fare, una schiera di politici, cioè i rappresentanti di quei cittadini che nel quotidiano se ne “strafregano” dei desiderata di oltre Tevere, finisce nel panico e crolla a terra pronta a baciare l'anello. Viene fin troppo facile ricordare quanto accadde con la legge 40 sulla fecondazione assistita, una pratica medica nella quale l'Italia era all'avanguardia dal punto di vista tecnico scientifico ma che venne proibita con una legge dettata dalle gerarchie vaticane, benchè incostituzionale come dimostrato negli anni dalle sentenze della Corte costituzionale. Non solo quella legge venne fatta passare in Parlamento, ma quando si tentò di abrogarla con un referendum, politici tremanti e genuflessi non dissero nulla davanti ad una letteralmente illegale campagna di istigazione al non voto scatenata dalla CEI. E che dire del tema del fine vita, un tema sul quale i cittadini di questo paese hanno una posizione chiara e maggioritaria, ma sul quale non si può legiferare perchè i soliti politici cattolici (vogliamo dire due parole sul loro essere cattolici? Meglio di no...), attendono il permesso dei porporati di cui sopra. Adesso è la volta della legge sulle unioni civili, un tema che la gran parte dei paesi europei ha da anni affrontato e risolto. Un tema che riguarda l'amore e la felicità delle persone, un provvedimento da varare per riconoscere parità di diritti, per normare situazioni familiari che già esistono numerose nel nostro paese, per conquistare un diritto in più senza togliere nulla a nessuno o costringere qualcuno a fare ciò che non vuole. Ma no, Monsignor Bagnasco perentorio afferma che ci sono famiglie con la “F” maiuscola che non possono essere confuse con quelle con la “f” minuscola, (comincio ad averne le tasche piene di maiuscole e minuscole...). Rieccoli quindi i politici devoti difensori della famiglia, così amanti della famiglia tradizionale da averne spesso due o tre, compattamente quanto ottusamente piegarsi senza esitazione al voler del Monsignore, pronti a dare battaglia ad una legge che rappresenta un timido, anzi timidissimo, passo verso il riconoscimento di una parità di diritti tra i cittadini. Nei loro volti, anzi nelle loro schiene vista la posizione, c'è la totale indifferenza verso il dettato del loro mandato di Parlamentare in una Repubblica laica per Costituzione e senza una religione di Stato. Tra qualche giorno si ritroveranno tutti, assieme ad una buona dose di ipocrisia, al family day, una manifestazione che non chiede qualcosa di più per la famiglia o per i cittadini di questo paese ma qualcosa in meno, che chiede diseguaglianza e discriminazione, che ancora una volta chiede sofferenza per gli altri, che confonde peccato con reato, che in nome del “io non lo farei” vuole imporre il “tu non lo devi fare”. Ma cosa spaventa nell'amore degli altri? Cosa temono possa togliere al loro? Sempre che siano ancora capaci di amare, perchè avere il dubbio che siano invidiosi a questo punto è lecito. Forse questi signori riusciranno ancora una volta ad impedire una conquista di libertà, ma certamente non riusciranno ad impedire alle persone di amarsi come il loro cuore gli indica, di cercare la felicità e di arrivare ad ottenere, per loro e le loro famiglie, la parità di diritti e riconoscimenti. Perchè i diritti camminano sulle gambe delle persone e non saranno certo delle schiene ricurve o le urla di qualche porporato a fermarli.

19.1.16

Il tempo

Non curanti ce lo facciamo scivolare addosso, convinti scioccamente di averne a disposizione quanto ne vogliamo. Sono una valanga le ore, i giorni lasciati andare come fossero roba che non ci riguarda, senza preoccuparci di afferrarli per dargli un senso, per affidargli un compito, magari piccolo ma che ci permetta di dire: sì, questo tempo l'ho vissuto. Il tempo non è come ci piacerebbe credere qualcosa di infinito, è un bene limitato e prezioso, da vivere possibilmente al meglio, ma soprattutto da vivere. Il tempo non ti aspetta, o sei veloce nel decidere che farne o ti passa sopra lasciandoti li, buttato su un divano ad aspettare che quello a tua disposizione sia finito. Allora basta con il ridicolo alibi del “ma sì, posso sempre farlo dopo”, perchè in quel preciso istante un pezzo del tuo tempo lo hai già mandato in fumo, perso per sempre, senza alcuna possibilità di riaverlo. Prendiamocelo tutto quello che è il nostro di tempo, usiamo ogni giorno per riempirci l'animo di emozioni, di pensieri, per ridere, piangere, amare, litigare, conoscere, costruire: per vivere. Temiamo più della morte l'arrivare alla fine del nostro tempo con le tasche piene di cose non fatte solo perchè le abbiamo da stolti rimandate. Ci resterebbe a quel punto solo il tempo per un disperato rimpianto.

9.1.16

Parole non urlate e dimenticate

La capacità di dimenticare in fretta parole e azioni è purtroppo cosa assai evidente dalle nostre parti, ma in particolare questa capacità raggiunge livelli impressionanti con le parole non urlate e con le azioni che a quelle parole cercano di dare sostanza. Ecco allora che le parole pacatamente pronunciate per invitare al dialogo ed alla comprensione tra diversi, le parole che pronunciate solo poche settimane fa in una gremita Piazza S. Marco sembravano essere patrimonio comune, sono già dimenticate, cancellate dalla mente. Ai ragionamenti tanto ammirati fatti dai genitori di Valeria Solesin, ancora una volta davanti ad eventi tragici, ma che contengono anche tutta la complessità del mondo d'oggi, si torna a preferire le parole urlate. Si cercano le differenze per evidenziarle, più spesso demonizzarle, ma non si cercano possibili punti di contatto, si racconta il peggio, si tace il meglio. Ci si esercita con parole che non costruiscono nulla, che non contribuiscono alla comprensione e quindi alla ricerca di soluzioni. Si riduce tutto ad un problema di religione dove è facile assegnarsi primati di superiorità con cui garantirsi i favori della propria curva. Poi però qualcuno, magari, si permettere di ricordare che Malala Yousafzai è musulmana e che quindi qualcosa non torna. Ma forse molti hanno già dimenticato Malala e le sue parole, guarda caso non urlate. A chi come Emma Bonino da anni, conoscendo il mondo arabo, indica come fondamentale per contrastare i vari fanatismi religiosi, stimolare e rafforzare il dialogo delle forze laiche che anche in quella parte di mondo esistono, si preferisce non prestare attenzione. Probabilmente perchè anche lei non urla, ma prova a ragionare, a fornire conoscenza per cercare possibili soluzioni. Sicuramente esiste un noi e un loro, ma non saranno fili spinati, muri, quote o leggi manifesto, a tenerli separati. Non si ferma un mondo in movimento con gli slogan, ma lo si può governare con la conoscenza.

6.1.16

Piccole cose

Non sappiamo più notarle le piccole cose, i piccoli gesti che fanno parte della quotidianità ma sono molto più di una ripetitività meccanica e scontata. Non li vediamo perchè non li sappiamo apprezzare, perchè ci siamo abituati, li sentiamo come dovuti e pertanto insufficienti a darci quel senso di soddisfazione del quale abbiamo bisogno per rendere accettabile quella quotidianità fatta inevitabilmente anche di momenti sempre uguali. Solo ciò che è sorprendente pare possa essere degno di apprezzamento, il resto ci lascia con il nostro senso di insoddisfazione, con l'amaro in bocca tipico di ciò che non è abbastanza. E sempre più spesso non è abbastanza. Una porta aperta, un passo ceduto, un piccolo regalo improvvisato, un sorpresa che magari non ottiene l'effetto sperato ma è fatta d'istinto, con spontaneità, una caramella infilata nella tasca... Cose piccole, che non cambiano la vita ma che sono meritevoli di essere viste, osservate con benevolenza, soprattutto perchè non chiedono nulla in cambio. Invece siamo così avvolti su noi stessi, impegnati ad alimentare la nostra insoddisfazione, da cercare sempre secondi fini in gesti che non ne hanno, da immaginare un sottaciuto anche nelle parole dette con semplicità, da cercare il “tra le righe” anche dove le righe neppure ci sono tanto sono casuali, e a volte bonariamente cialtronesche, le parole o i gesti. Dovremmo smettere di credere che il mondo debba girare attorno a noi per compiacerci, perchè siamo noi a dover girare attorno al mondo sorridendo per tutto ciò che di bello esso ci offre, sia questo un diamante od un nastrino colorato.

2.1.16

Percezione

La realtà spesso è così ricca di sfumature da apparire ai nostri occhi offuscata, di difficile comprensione. Sempre più frequentemente occorre uno sforzo aggiuntivo per comprendere ciò che, proprio perchè realtà, dovrebbe essere di facile lettura per tutti. Ma in un mondo complesso qual è il nostro, di facile lettura c'è sempre meno e quello sforzo aggiuntivo diventa indispensabile. Molti, però, non sono disponibili per questa nuova fatica e cercano il modo di evitarla, e allora eccola, arriva lei a togliere le castagne dal fuoco e rendere nuovamente chiara per tutti la “realtà”: la percezione. E' ormai questa per molti la chiave di lettura del nostro tempo, si fa prevalere cioè non la realtà basata su fatti e dati certi, verificabili, ma la percezione della realtà. Sempre più è la base sulla quale si fondano scelte e decisioni anche da parte di interi organi di governo. La sicurezza, l'immigrazione, sono solo i più eclatanti esempi di come la percezione, e non la realtà sia il punto centrale del dibattito politico nel nostro paese, e non solo. I recenti terribili atti di terrorismo nel cuore dell'Europa hanno fatto alzare, giustamente, la soglia di attenzione nelle forze di sicurezze, ma al tempo stesso hanno scatenato una serie di reazioni dettate solamente, e per questo inutili, dal bisogno di soddisfare la percezione di insicurezza che si venuta a creare nella gente. Una percezione in gran parte alimentata ad arte per poter essere usata per fini che nulla hanno a che vedere con la protezione delle persone. Ecco quindi la richiesta, subito esaudita, di avere in strade e piazze militari armati: poco importa se con dubbi compiti e se non sapendo che fare si occupano più dei fatti loro che di quanto gli accade attorno. Ma questo vuole la percezione dell'assedio, dell'invasione per essere placata, questo si dà perchè conviene dare. Irrilevante se i dati oggettivi dimostrano che non c'è una invasione, che il pericolo non arriva da fuori ma è portato da chi è parte della nostra società, che i più terribili attentati non avvengono da noi ma in quei paesi che guardiamo con sufficienza e paura e dei quali continuiamo a non voler conoscere nulla. Sempre più la percezione assomiglia ad un credo religioso a cui affidarsi per qualsiasi cosa, dalla più importante alla più irrilevante, nessuno chiede su cosa si basa una affermazione o una notizia. Faccia caldo o freddo, piova o nevichi, è sempre l'evento più “grande”: rispetto a cosa o a quando non importa. L'analisi oggettiva non interessa, anzi infastidisce, annoia con i suoi dati e imbarazza se dimostra che il tuo sbraitare, il tuo indicare responsabili è del tutto infondato. Sapere è un'altra cosa dalla percezione, richiede, appunto, uno sforzo aggiuntivo richiede di porsi domande, avere dei dubbi e pretendere risposte vere, verificabili. Ecco perchè allora è meglio assecondare la percezione, perchè far crescere la conoscenza rende le persone non più manipolabili, libere. E questa sì, per molti sarebbe oggettivamente la più grande sciagura.