19.7.15

Il nemico

Sono meno di carne da macello, sono carne da vilipendere, calpestare e, ancora viva, lanciarsi gli uni contro gli altri nel modo più violento e volgare possibile, al solo ed esclusivo fine di avere un qualche miserevole vantaggio elettorale. “E' un'invasione!”, questo è l'urlo quotidiano, un quotidiano che sa di ignoranza e violenza alla quale nessuna logica o pensiero sembra essere in grado di porre un freno. Non importa se i dati sono li a dimostrare che l'invasione non esiste. Una classe politica incolta e violenta ha deciso di non voler guardare in faccia la realtà, ha deciso, o forse non è in grado, di capire che questo movimento di persone non è una emergenza temporanea, ma un fenomeno che sempre più sarà costante, e che per questo ci si deve attrezzare per gestirlo, per farlo capire ed imparare a conviverci. Si è deciso invece, per gratificare le pance anziché far crescere le menti, di trasformare questi uomini, donne e bambini nel pericolo da scacciare, da disprezzare ed estirpare dalla nostra vita e dalla nostra terra (nostra terra?). Si appiccano roghi in piazza, roghi che richiamano quelli del periodo più oscura della nostra storia, per distruggere qualsiasi cosa possa dare una speranza a chi la speranza, dopo averla vista distrutta nel proprio paese, credeva di trovarla da queste parti. Ma qui speranza non siamo disposti a darne, sembra non esserci disponibilità a tendere una mano a chi, solo temporaneamente, chiede di poter riposare su questo territorio prima di riprendere il cammino verso altre mete. Qui dove la tradizione contadina aveva instillato un rispetto quasi sacro per il pane, per il cibo, si arriva allo sfregio di distruggerlo per non darlo agli altri. “I ragazzi non capivano cosa stesse accadendo - spiega Ibrahim, mediatore culturale - mi chiedevano se il cibo venisse buttato a terra perché non era buono. Gli ho dovuto spiegare. Sono rimasti impressionati dagli insulti. Mi dicevano che a Lampedusa erano stati accolti dagli abbracci della popolazione e dei soccorritori. A Quinto dalle urla. Erano spaventati” (Il Gazzettino 19.07.15). Mentre nei luoghi più poveri di questo paese si trova ancora lo spirito per condividere il poco che si ha con chi ha ancora meno, qui, l'abitudine, la rincorsa al benessere, in molti ha cancellato il valore della condivisione, dell'assistenza, ha fatto dimenticare la gioia che sa regalare a tutti un abbraccio. L'operosità di queste zone ha reso fertile il territorio, ma ha inaridito in molti i cuori e, cosa ancora peggiore, le menti.