13.1.15

#ForzaEmma

E' cosa risaputa che dopo la dipartita tutti si diventi migliori, come dimostrano le note di benemerenza, scritte o raccontate, che contestualmente alla dipartita per tutti si manifestano copiose. Allora vediamo di restare nel solco profondo della tradizione e non lasciamoci andare a fughe in avanti e a modernismi non richiesti. Sicuramente è vero che i Radicali sono avanti e spesso prefigurano quello che sarà il futuro, ma Emma Bonino non è ancora tra il gruppo, è non intende certamente farne parte a breve, dei cari estinti, piantatela quindi con questi funerei articoli in cui si racconta di quanto sia stata brava, forte, tenace, qualificata... Se non mi suonasse anche questo funereo mi verrebbe da dire che di tutta evidenza: "Emma è viva e lotta insieme a noi". Se proprio volete fare un gesto che sia d'aiuto e sostegno ad Emma, smettete di raccontare la sua malattia e cominciate a raccontare il suo impegno politico, le sue analisi serie ed approfondite, ad esempio, sul mondo arabo. Capisco che è cosa più faticosa ed alla quale non siete molto abituati ma provateci, scoprirete che è assai interessante e stimolante. Le parole "io non sono la mia malattia" invece di riportarle, capitele.

8.1.15

À La Guerre?

La si annuncia come riflesso istintivo alle agghiaccianti immagini di morte a Parigi, la si invoca come slogan miseramente opportunistico per ottenere facili consensi. Ma non è con l'invito alla guerra che si può pensare di fermare la follia integralista di chi crede in un dio così debole da poter essere sminuito con dei disegni. Una guerra, contro chi poi? Dove? contro i musulmani tutti? una parte? Quale parte? Sapendo cosa del "nemico"? Nella testa di molti si continua a credere che il mondo musulmano sia una cosa sola, fatta prevalentemente di beduini ignoranti e sottosviluppati, che vivono tra cammelli e deserti, tranne poi restare ogni volta a bocca aperta quando si dimostrano abili e preparati, quando non spietati, nell'uso di strumenti che pensiamo essere di dominio solo occidentale. Si dice sempre che la storia dovrebbe esserci d'insegnamento, ma come sempre tocca constatare che così non è. Siamo bravissimi a lanciarci in guerre, più o meno dichiarate, ma decisamente meno a sopportarne il peso, ancora meno ad ottenere da queste un qualche risultato decente. Dice Emma Bonino, che il medio oriente lo conosce veramente e che se non per saggezza, almeno per convenienza sarebbe bene ascoltare: "Pace e tolleranza non sono un evento, sono un processo". Ecco, invece di strillare proclami validi un giorno, cerchiamo di supportare questo processo prestando attenzione in modo non occasionale a chi cerca di muoversi verso questi obiettivi. Faciamolo anche con la consapevolezza che, proprio perchè un processo, sarà cosa lunga e ricca di contraddizioni. C'è invece una "guerra" che dobbiamo proclamare al più presto, una "guerra" difficile perchè non possiamo in alcun modo farla combattere dagli altri. E' quella contro noi stessi, contro il disinteresse che abbiamo per le nostre libertà e i nostri diritti. Siamo così stupidamente convinti che siano cose acquisite, intoccabili, che non prestiamo loro nessuna attenzione, tranne poi, quando qualcuno tenta di portarcele via, trovarci sgomenti a gridare "Je suis Charlie". Ma non si può continuare ad essere Charlie solo davanti a del sangue, per proclamare la libertà di parola di chi parlare non può più. Bisogna decidere di essere Charlie ogni giorno, ogni giorno difendere la libertà di espressione, soprattutto per il diverso da te, per quello che scrive, dice o disegna cose che trovi disgustose. Se veramente crediamo che le nostre libertà siano le basi della nostra vita, l'unico via per difenderle passa attraverso la consapevolezza che queste vanno promosse e sorvegliate ogni giorno, in caso contrario il rischio è di trovarci a non poter neanche più dire "Je suis Charlie".



3.1.15

Competenti, non eroi

Sono diventati esempi di straordinaria eccellenza nelle parole del Capo dello Stato, per altri sono eroi che agiscono con sprezzo del pericolo. C'è di che restare almeno un po' perplessi davanti a queste definizioni usate per chi fa fino in fondo il proprio dovere, per persone che molto probabilmente agiscono non avendo la minima impressione di fare qualcosa che va oltre le proprie capacità. E' vero che un paese ha sempre bisogno di eroi, ma forse non è un gran segnale se questi vengono identificati in chi semplicemente fa il proprio mestiere al meglio. Un comandante che rimane al proprio posto per gestire un'emergenza, un soccorritore che si cala per recuperare dei feriti, un medico che opera dei pazienti, un astronauta che vola nello spazio, un ricercatore che esperimenta e progetta cose nuove, sono tutte persone che fanno ciò per cui sono state preparate, anche quando ci si trova in condizioni limite. Certo, per un paese in cui incompetenza ed improvvisazione sono sempre più spesso trasformati in titoli di merito, vedere chi agisce in modo efficente innanzitutto perchè supportato dalla competenza, appare come qualcosa di incredibile. Riconosciamo pubblicamente i meriti di queste donne e uomini, ma lodiamo soprattutto preparazione, competenza ed impegno piuttosto che assegnarli la medaglietta da eroe, credo ne saranno più lieti e si eviterà di dare l'idea che il loro modo di agire sia qualcosa di eccezionale, mitologico, e non quello che tutti dovrebbero adottare. Con meno eroi e più persone preparate forse questo paese ha qualche speranza in più di migliorare.