26.11.13

C'è speranza in Europa

A guardarsi intorno, ad ascoltare i discorsi che si fanno nei nostri paraggi, viene da pensare che il futuro riservi ben poche speranze per questo malconcio vecchio continente europeo. Sfiducia, rabbia, paura, un generale rifiuto a ragionare con una visione ampia per rifugiarsi nel localismo più piccolo, la perdita di quasi ogni capacità di pensare in modo positivo, è questo quello che si respira tra la gente. Ma non è così ovunque fortunatamente, c'è ancora chi spera e vuole avere fiducia. Spagna, Barcellona, stessa situazione economica difficile dell'Italia, eppure l'aria e le parole che si respirano sono diverse. Senti una fiducia e una positività che ti fanno venire voglia di credere nel domani, nel fatto che potrà essere migliore dell'oggi. Sì certo, Barcellona è città grande e ricca, ma anche qui trovi persone in difficoltà come l'architetto che non trovando lavoro ripiega a fare il tassista, ma mentre ti porta in giro e ti racconta di lui, e ti riempie con il racconto dei particolari architettonici meno noti della città, non senti nella voce lamento, senti speranza. Nel signore che ti parla dei mali della classe di governo, della loro incapacità, che per i costi della casa reale se ne esce con un "Borbones ladrones", senti anche però frasi come "bisogna lavorare insieme per cercare la felicità", senti dire che la cosa più bella della sua città è la capacità di amalgamare decine di etnie diverse senza alcun problema di convivenza. Lungo le strade vedi lavori di ammodernamento e crescita, vedi opere d'arte monumentali come la Sagrada Familia sulla quale si continua ad investire per il completamento nonostante la crisi. Girando, parlando, a Barcellona senti una voglia complice di tirarsi su e di non piangersi addosso, senti che c'è voglia di farcela, senti che, guardando la realtà senza illusioni ma con occhi diversi, comprendendo che non servono divisioni ma unioni, c'è speranza in Europa.

20.11.13

Parole già sentite


Rieccoci. Ancora una volta ci si ritrova con mani e piedi nel fango a tirar su cadaveri, a cercare di salvare il salvabile di quanto costruito in una vita è distrutto in pochi minuti. Oggi è la gente di Sardegna a piangere e a doversi rimboccare le maniche. A ragione in questo caso si può dire “piove sul bagnato”, una pioggia distruttiva che cade su un territorio e le sue genti già in crisi profonda. Ora arrivano copiose, quasi quanto le piogge, le dichiarazioni di vicinanza e sostegno, le promesse di interevento ed aiuto, le serie ed argomentata affermazioni sulla necessità di mettere mano subito e con efficacia al riassetto del sistema idrogeologico. Già, serve la cura del territorio, bisogna ripensare il modo di usarlo senza abusarne. Quante volte ho già sentito queste stesse parole, questi toni di voce seri e affranti, sicuramente subito dopo il nubifragio scorso. Spero, ma non troppo, di non risentirle dopo il prossimo.

7.11.13

Ridotti a figura retorica


L'aspetto più raccapricciante dell’accostamento fatto da Silvio Berlusconi tra la situazione vissuta dai suoi figli e la shoah, sta nella sempre più frequente riduzione del più grande dramma dell’umanità ad una semplice figura retorica da usare nel misero tentativo di dare spessore ad insignificanti discorsi che altrimenti vedrebbero un’unica reazione possibile, l’indifferenza.

5.11.13

Comportamenti sospetti


L’impazzimento del sistema informativo sembra ormai inarrestabile, il parlare senza aver accesso il cervello è diventato quasi un obbligo e sei meritevole di sospetto se prima di emettere giudizi provi a fermarti un attimo a riflettere. Questo non vale solo per i social network, sempre più spesso trasformati da mezzi di dialogo a più voci a cloache dove scaricare le proprie miserie e frustrazioni, ma anche per i mezzi d’informazione più classici come i quotidiani, luoghi in cui nell’immaginario collettivo i professionisti della parola ragionano e soppesano prima di riempire di caratteri le colonne di stampa. Prendiamo il caso della Ministra Cancellieri sulla quale Repubblica ha aperto una pesante campagna di delegittimazione pur non avendo, la Ministra, commesso alcun atto illegittimo. Certo ha usato parole probabilmente inopportune ma comprensibilmente dettate, come normale e giusto che sia, da un forte sentimento di affetto per un’amica in grande difficoltà. Alle parole però ha fatto seguito un comportamento rigorosamente all’interno delle prerogative del suo ufficio. Si obbietta che la Cancellieri non riservi la stessa attenzione a tutti i detenuti, ma anche escludendo i numerosi i casi di intervento per detenuti ignoti, pare aberrante questa sempre più diffusa logica regressiva, come ben ha scritto Luigi Manconi, che vuole, a fronte di uno stato incapace di garantire il rispetto dei diritti per tutti, vederli sottratti anche a chi fortunatamente riesce a beneficiarne. Si chiede Manconi: "Se non possiamo essere uguali nei diritti è meglio esserlo nei non diritti?". Per molti novelli arruffapopolo la risposta sembra essere obbligatoriamente sì. Ma non è solo la Cancellieri a godere di un simile trattamento da parte dei professionisti della penna o della tastiera. Tocca infatti anche alla Bonino la quale oggi, se pur con minor eco, viene accusata da lanotiziagiornale.it di aver calpestato la sua storia politica per bassi interessi di potere. La colpa? Non ha concesso i benefit previsti per i coniugi ad un diplomatico gay sposatosi all’estero. Irrilevante evidentemente per l'estensore dello scritto che l’Italia non riconosca il matrimonio tra persone delle stesso sesso e che un Ministro, ma non solo, sia tenuto a rispettare le leggi del suo paese, anche quando non le condivide e lotta per modificarle. Diceva oggi Massimo Bordin durante la rassegna stampa di Radio Radicale: si potrebbe anche fare un bel titolo accusando la Bonino di non permettere di fumare marijuana alla Farnesina. Ecco, visto lo stato dell’arte non mi meraviglierei se qualche star dei media seguisse questo suggerimento, d'altronde cosa c’è di più sospetto e pericoloso in questo paese delle persone serie.